Una poesia del senatore Pillon

Il senatore Pillon mentre recita la poesia nell’aula

Vorrei condividere con voi una poesia del senatore Pillon. Un’avvertenza però: leggetela una volta sola. Poi vi spiego il perché.

Quanto mi manca Israele,
e in particolare
quel luogo
sul lago
dove un cuore attento
può ancora scorgere le orme,
i passi del Signore
e sentire le Sue parole
nell'aria dolce dell'alba.

Sul contenuto niente da dire, figuriamoci. C’è un interessante racconto di Villiers de l’Isle-Adam, intitolato Véra, il cui protagonista, il conte d’Athol, resuscita la presenza della consorte adorata a partire dalle tracce lasciate dalla defunta: gli oggetti che ha sfiorato o maneggiato, i tessuti che conservano il contatto del suo corpo, l’impronta del capo su un cuscino. Nessuna meraviglia che il senatore Pillon scorga i passi del Signore sulle rive del lago (immagino) di Tiberiade. Sono stati psichici noti.

Vorrei soffermarmi, invece, sul ritmo. La poesia ha il ritmo del singhiozzo. Ma non di un singhiozzo normale: del singhiozzo ostinato, quello che non passa. Raccontava il mio medico che ci sono singhiozzi che durano anche diversi giorni. Per questo dicevo: leggetela una sola volta. Di più è rischioso: come il lago di Tiberiade induce nel senatore Pillon la percezione dei passi del Signore, così la sua poesia potrebbe indurre nel lettore un singhiozzo permanente. Particolarmente inopportuno in vista anche delle prossime festività natalizie.