FIGLI & AFFINI

I

Se per “successo” o “riuscita” si intende quello che comunemente si intende nella nostra società, allora il successo o la riuscita di un figlio è inversamente proporzionale alla fretta che i genitori, incrociati per strada, manifestano di tirare dritto.

II

Se penso all’importanza che le buone famiglie cattoliche attribuiscono al fatto che il genero – il marito della figlia nonché padre dei futuri nipoti – sia laureato (va bene una laurea qualsiasi, anche di quelle che si prendono coi punti del Mulino Bianco, qualsiasi cosa purché il tizio non sia costretto a lavorare con le sue mani, per dirla col personaggio di un noto romanzo di George Eliot), se penso a tutto questo mi sorge il dubbio che per entrare nel Regno dei Cieli non sia delle volte richiesto il diploma di laurea.

6 pensieri riguardo “FIGLI & AFFINI”

  1. Io lavoro nella biblioteca Queriniana di Brescia (non sono un “comunale” ma un dipendente di cooperativa) e la mia mansione è quella del “distributore”, io sono cioè colui che prende e porta e riporta (a scaffale) i libri, ovvero quello che evade le prenotazioni degli utenti registrate dal programma di gestione dei prestiti (un lavoro di cui tutto sommato sono contento, perché non mi impone di pensare troppo, cosa che lascio al tempo libero). E arrivo al punto, i libri che mi passano per le mani, che sono soprattutto di psicologia (e psicoanalisi e psicoterapia), di sociologia, di didattica (uno recente e curioso che ricordo s’intitola Didattica dell’ascesa), economia, storia locale, storia dell’arte, filosofia (ancora molto Heidegger, tanto Foucault e Deleuze, non poco Agamben), letteratura (i libri più interessanti, of course) e, fra quelli che più detesto, religione e self-help. Giudicando dunque dalla ricorrenza delle discipline, direi che ci aspetta un mondo pieno di psicologi sociologi, storici (o professori di storia) e filosofi (o professori di filosofia). Ciao.

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      1. Mi sono spiegato male, in realtà rivangavo soltanto la vecchia questione della sovrapproduzione di lauree inutili. Se poi il cattolicesimo abbia in questo una parte non saprei dire.

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      2. No no, ti sei spiegato benissimo. E io volevo solo sottolineare come la qualità di cultura definita da queste lauree “inutili” sia del tutto tranquillizzante per il cattolicesimo. Soprattutto finché la filosofia continuerà ad essere, com’è in Francia e di riflesso in Italia, continentale, cioè ermeneutica.

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    1. Per quel che mi riguarda non è un luogo comune, è esperienza.
      E in ogni caso nessuno parla di “mediocri mentecatti” (anzi, in genere sono persone di grande buonsenso che sanno molto bene come si naviga nella vita); e soprattutto nessuno parla di “tutti i cattolici”, che sciocchezza. Come si fa a dire qualcosa di “tutti i cattolici”, come di “tutti i” qualsiasi altra categoria.
      Rimane il fatto che se si facesse ora un’analisi sociologica dei frequentatori delle S. Messe non sarebbe certo il proletariato a strappare la percentuale più alta.
      Poi ognuno può basire di quello che crede. Anch’io basisco (un po’) quando leggo “aliena a”.

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