L’antefatto è il saggio di Walter Siti Contro l’impegno, di cui ho parlato qui. Siti critica una letteratura che punta al raggiungimento di qualche tipo di effetto – terapeutico, sociale, politico – senza tener conto che il medium in cui vuole muoversi – la letteratura appunto – ha un’essenza e caratteristiche sue proprie che non possono essere ignorate in nome o con la scusa della “bontà” dell’effetto perseguito. Con questa tesi, e con la critica conseguente, mi sono trovata d’accordo. Tuttavia, che qualità debba possedere l’opera per centrare il bersaglio della letteratura rimane nel saggio abbastanza generico e gli esempi, soprattutto contemporanei, scarsi. (Continua qui..)
Questa è la poesia che chiude la raccolta Australien di Jan Wagner (Berlin Verlag 2010):
australia
cominciammo a mezzogiorno:
dove il ponte si perdeva nell’incolto,
da lontano l’autostrada;
attraverso un caleidoscopio
di cocci di bottiglie,
un radicato intreccio di gramigna
e vecchi tappeti; nascosti
dietro al fiumiciattolo,
il tubo di scarico con la sua biblica
oscurità e per tutta predica
il rivolo modesto.
scavammo, dietro cespugli di biancospino,
dietro la colonia di canne, la paleontologica carcassa
d'automobile ingoiata dalla melma
come un fossile. un pallone aero-
statico
passò temerario di là dall’abitato
con una pubblicità di birra
o marmellata,
e tutt’intorno le sanguisughe nero-
lucido di vecchi pneumatici, gonfi
di fango e acqua piovana,
le latte di pittura sfondate
e abbandonate.
noi scavavamo; un grillo si zittì
e una coppia di merli saltellò nervosa
intorno a un rastrello arrugginito,
l’artiglio di un uccello più grande.
quanto ancora, prima che ci trovassimo
alle prese con la roccia, con strati
di carbone e minerali
ferrosi? quanto ancora, prima che da qualche parte
un koala sentisse smuovere la terra,
per poi vedere qualcosa di strano:
un buco nel terreno, due ragazzini
impiastricciati che provarono
a contare fino a dieci, poi scomparvero
nel mito della sera giallo-senape, dove
stava piantata una vanga sul bordo
come un’asta di bandiera.
australien
wir fingen mittags an:
wo sich die brücke in die brache
verlor, von fern die autobahn;
durch ein kaleidoskop zerbroche-
ner flaschen,
ein wurzelwerk von quecken
und alten teppichen; versteckt
hinter dem flüßchen,
dem abwasserrohr mit seinem biblischen
dunkel und dem schlichten
rinnsal, das es predigte.
Wir gruben, hinter weißdornbüschen,
der kolonie von schilf, das paläon-
tologische autowrack, wie ein fossil
von lehm verschluckt. ein fessel-
ballon
mit seiner werbung für bier
oder gelee
zog kühn jenseits der siedlung vorüber,
und ringsherum die glänzend schwarzen egel
entsorgter reifen, vollgesogen
mit schlamm und regenwasser,
die farbkanister, zerschlagen
und liegegelassen.
wir gruben; eine grille
verstummte und ein amselpärchen
hüpfte nervös um einen rostigen rechen,
die größere vogelkralle.
wie lange, bis wir es mit felsen
zu tun bekommen würden, kohle-
flözen
und erz? wie lange noch, bis irgendwo ein koala
die erde sich bewegen spürte,
um etwas seltsames zu sehen:
ein loch im boden, zwei verschmierte
jungen, die bis zehn
zu zählen versuchten, dann
verschwanden in dem mythischen, dem most-
richgelben abend, wo am rand
ein spaten steckte wie ein fahnenmast.
Cominciamo a scavare.
(Per informazioni su Jan Wagner e altre poesie: qui, qui e qui.)
sambuco
per Richard Pietraß
a che l’inchiostro, ci si chiede, nelle frasche
le gocce nere che si addensano impensate
in schizzo di merli? quale testo
per qual catasto di terreni, qual regesto?
di fianco al vecchio fienile, dove la terra
affonda nelle prese, dietro lo steccato. il profumo
delle infiorescenze in aprile, la carta a
mano che trae dalle sue profondità
mentre asciugano i panni, cominciano
a svolazzare sull’asta, si trasformano i merli
in taccole. quale dolce o severo
segreto, ci si chiede, dividerà con noi,
quando in autunno saremo raccolti attorno al
buio delle terrine, con i nostri cucchiai d’argento
lucente, le camicie della domenica eccessivamente
immacolate, silenziosi come amanuensi?
Ci sono cose che fa anche se sa che sono sbagliate, o che non hanno senso, o che non porteranno ad alcun risultato, o che porteranno a un risultato spiacevole. Generalmente le fa perché a un certo punto ha deciso di farle; non vede altri criteri per l’azione. Quando ha deciso magari le sembravano buone idee, che aprivano nuove prospettive, che potevano cambiare in meglio la vita. (…Continua su Poliscritture)