
Il male immedicabile si manifesta durante l’ultimo sonno, quando credi di ripristinare, dormendo tardi, i ritmi circadiani sbilanciati da Battlestar Galactica nel freddo della notte, davanti al tubo catodico che si squaglia al crescendo forsennato dei wadaiko.
Poi, nella terra di nessuno dell’alba, ti trovi in una casa che ora, come sai, è vuota. Nelle scale aperte dalla cantina al sottotetto c‘è la traccia di una persona morta (un’istantanea senza supporto). Su un pianerottolo c’è una persona che, come sai, non c’è; nel sonno il paradosso ti sembra insopportabile.
È la proiezione di una lanterna magica; eidolon – benché invece, da un certo punto di vista, sia proprio lei, la persona. Però irraggiungibile, perché è chiaro che non si potrà rispondere alla voce che familiarmente ti parla dalla tromba delle scale. (Ma nemmeno lo sa).
Impossibile aggiungere qualcosa, riparare al detto e al non detto.
Uno stato delle cose siglato dalla morte il male inemendabile – o così ti pare, perché nel sonno dimentichi che, sin dall’inizio, nulla fu emendabile.
Nel vestibolo dove toglievate o mettevate le scarpe una persona che ha vissuto nella casa da bambino – nel sonno poco più di un bambino, un adolescente – aiuta, propone il da farsi. Però è strano che sia lì perché poi non ha più voluto viverci, non ci vive più, non ci sarà più in quella casa; di fatto non c’è, è come se non ci fosse, lo vedi ma sai che è un’immagine; eidolon, una nostalgia.
Nessuno che tu possa raggiungere. Nessuno davvero raggiungibile dalla bolla di tempo in cui stai come in un occhio di grasso nel brodo di un tempo più vasto.
La casa è tramontata. Oltre i vetri della porta-finestra un cane che fu sepolto in giardino lo attraversa di corsa. Quando ti svegli hai la percezione di un buco al posto di un organo vitale qualsiasi, forse al posto di diversi. Nulla di reale per chiudere i buchi, ma possono servire sottili foglietti della fortuna, stampati a colori con testi brevi e incoerenti.
Tardi, la sera, ti esponi alle frequenze di Battlestar Galactica.
Un brivido…
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Allora scopo raggiunto 🙂 Grazie!
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Bello, Elena!
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Felice che ti sia piaciuto! E’ stato un parto difficile… 🙂
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Notevole, davvero. La resa dei contenuti del rimescolio dell’ es ( che spesso ci induce a domandarci ” chi siamo”) è suggestiva e dolorosa. Un risultato di rara efficacia.
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Sei molto gentile e ti ringrazio – della lettura e del commento lusinghiero.
A proposito di es: mio figlio critica il mio psicologismo novecentesco. Ma io sono novecentesca – non so tu.
Spero di risentirti qualche volta sul blog 🙂 Grazie ancora e buona domenica
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Novecentesca anch’ io e non me ne dispiaccio😉. Ti leggo spesso, con interesse e ricevo molte volte stimoli nuovi e originali ( ultimo, in ordine di tempo, la Lavant). Grazie e buona domenica anche a te.
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