Due traduzioni dai Sonetti della Morte di Jean de Sponde (1557-1595). Nella scommessa (nel gioco?) di costringere l’alessandrino francese nell’endecasillabo italiano alcune cose sono andate perdute. Ho cercato di mantenere la rima, che mi sembra importante, e l’effetto generale.
II
E pur si muore, e la vita orgogliosa
Di morte che sprezza assaggia i furori,
Fiori d’un giorno disseccano i Soli,
Il tempo crepa la bolla fumosa.
Quel cero ardente di fiamma impetuosa
Sul moccolo verde estingue l’ardore,
L’olio del Quadro annerisce il colore,
Le onde si rompono a riva schiumosa.
Di chiari lampi è passata sugli occhi
La luce, il tuono è trascorso sui cocchi
Del cielo; qui o là poi scoppia tempesta.
Dei fiumi ho visto asciugarsi l’umore,
Leoni ruggenti chinare la testa,
Vivete, mortali, eppure si muore.
Mais si faut-il mourir ! et la vie orgueilleuse,
Qui brave de la mort, sentira ses fureurs ;
Les Soleils haleront ces journalieres fleurs,
Et le temps crevera ceste ampoule venteuse.
Ce beau flambeau qui lance une flamme fumeuse,
Sur le verd de la cire esteindra ses ardeurs ;
L’huile de ce Tableau ternira ses couleurs,
Et ses flots se rompront à la rive escumeuse.
J’ay veu ces clairs esclairs passer devant mes yeux,
Et le tonnerre encor qui gronde dans les Cieux.
Ou d’une ou d’autre part esclatera l’orage.
J’ay veu fondre la neige, et ces torrens tarir,
Ces lyons rugissans, je les ay veus sans rage.
Vivez, hommes, vivez, mais si faut-il mourir.
XII
Contro me s’enfia, e m’assalta, e mi tenta
E il Mondo, e la Carne, e il Genio ribelle,
Di cui l’onda, e l’urto, e il fascino imbelle,
O Dio!, mi sommerge, e squassa, e m’incanta.
Qual nave, qual roccia, e orecchio incurante,
Fuor di periglio, di crollo, e d’incanto,
Mi darai tu? il Tabernacolo Santo,
la forte Mano, la Voce costante.
Pure combatter tal volta feroce
Contro il tuo Tempio, la Mano, la Voce
Sento in me il Genio, e la Carne, ed il Mondo.
Ma Tempio, e Mano, e Voce saranno
Nave, roccia, orecchio in che periranno
Fascino e urto e si romperà l’onda.
Tout s’enfle contre moy, tout m’assaut, tout me tente,
Et le Monde et la Chair, et l’Ange revolté,
Dont l’onde, dont l’effort, dont le charme inventé
Et m’abisme, Seigneur, et m’esbranle, et m’enchante.
Quelle nef, quel appuy, quelle oreille dormante,
Sans peril, sans tomber, et sans estre enchanté,
Me donras tu? Ton Temple où vit ta Sainteté,
Ton invincible main, et ta voix si constante ?
Et quoy ? mon Dieu, je sens combattre maintes fois
Encor avec ton Temple, et ta main, et ta voix,
Cest Ange revolté, ceste Chair, et ce Monde.
Mais ton Temple pourtant, ta main, ta voix sera
La nef, l’appuy, l’oreille, où ce charme perdra,
Où mourra cest effort, où se rompra ceste onde.
Non conosco il francese, dunque non so fare alcun raffronto; ma il primo sonetto l’ho trovato bellissimo.
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Grazie del commento! I Sonetti della morte di Sponde sono dodici, alcuni dei quali molto belli. La traduzione fa quello che può… Personalmente ritengo molto importante mantenere la forma fissa e, nella misura del possibile, la rima. Ma in questo vado controcorrente. Buona domenica!
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Grazie a te: cercherò i Sonetti, che non conoscevo proprio.
Buona domenica, Elena 🙂
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